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L’analisi chimica in agricoltura

L’ANALISI CHIMICA IN AGRICOLTURA

Dopo aver aver proposto un metodo per l’interpretazione delle analisi del suolo («Metodo unico per interpretare l’analisi del terreno» – Terra e Vita n. 26/’94) e riassunto in una tabella le asportazioni di elementi nutritivi («Elementi nutritivi assorbiti dalle principali colture» – Terra e Vita n. 7/’95), con il presente lavoro si intende proporre una metodologia che, partendo da un corretto campionamento del terreno da analizzare, porti alla formulazione di un piano di concimazione aziendale. La procedura proposta rappresenta pertanto un momento di sintesi delle conoscenze finora espresse nei precedenti articoli, nonchè delle esperienze acquisite presso i Centri ed i Laboratori aderenti alla S.l.L.P.A. nel campo dell’assistenza tecnica, della sperimentazione e della ricerca relative alle pratiche di una razionale concimazione.



a cura di S.I.L.P.A.
Hanno collaborato:

  • M. Aichner – C.SA. – Lairnburg (BZ)
  • A. Deluisa – ERSA del Friuli Venezia Giulia
  • F. Dugoni – l.S.L.C. – Mantova
  • P. Giandon – E.S.A.V. – Castelfranco V.to (TV)
  • F. Nassisi – Lab. Prov. Analisi Terreni – Gariga di Podenzano (PC)

Il campionamento del terreno

Premessa indispensabile per una corretta analisi del terreno è il campionamento del medesimo che deve essere effettuato secondo precisi criteri. A questo proposito si rimanda innanzitutto al d.m. 11 maggio 1992 – Approvazione dei «Metodi ufficiali di analisi chimica del suolo», in particolare al capitolo relativo alle «Modalità di prelevamento dei campioni di terreno da sottoporre ad analisi», in cui si evidenziano i principali criteri per un corretto campionamento.
In questa sede si ritiene opportuno sottolineare la necessità di suddividere l’azienda in aree (comprensive quindi di più appezzamenti), che per tipo di suolo (caratterizzato attraverso lo studio del profilo) e per tipo di gestione (in rotazione, a frutteto, ecc…) diano le migliori garanzie di operare, all’atto del campionamento, in modo discretamente uniforme. In altri termini, dette superfici vengono definite Unità di Paesaggio Aziendali (U.P.A.), a significare appunto l’omogeneità pedologica e di conduzione di ogni area. La fig. 1 esemplifica questo concetto individuando, all’interno di una ipotetica azienda, tre U.P.A.: per ognuna vengono riportati lo studio pedologico ed analitico del profilo ed alcune osservazioni. Suddivisa 1′ azienda secondo i criteri di omogeneità e le procedure ora considerati, si dovrà procedere al campionamento per l’analisi della fertilità. A questo proposito si raccomanda di operare come segue:

– Periodo di raccolta: almeno dopo 3 mesi dopo l’ultimo apporto di concimi; almeno dopo 6 mesi dopo l’ultimo apporto di ammendanti o correttivi.
– Effettuare il campionamento percorrendo l’ U.P.A. secondo un tracciato a «W» od «a» ed avendo cura di non campionare i bordi.
– Raccogliere almeno n. 6 sottocampioni per ettaro servendosi di una trivella o di una vanga.
– Effettuare ciascun campionamento in modo da interessare tutta la profondità di aratura.
– Al termine del percorso di campionamento mescolare tutti i sottocampioni precedentemente raccolti in un secchio e consegnare al laboratorio circa 1 kg della massa di terreno raccolta.
– Allegare ad ogni campione una scheda indicante: gli estremi dell’azienda, I’U.P.A. carnpionata, la precessione colturale, la successione colturale, gli estremi per la georeferenziazione del campione (coordinate geografiche).

QUALI ANALISI RICHIEDERE AL LABORATORIO

Per quanto sopra evidenziato, le analisi da richiedere al laboratorio, che devono essere effettuate secondo le metodiche previste dal d.m. 11 maggio 1992 – Approvazione dei «Metodi ufficiali di analisi chimica del suolo», vanno distinte in analisi pedologiche ed analisi per la fertilità.
Analisi pedologiche. Sono le analisi da effettuare sui campioni prelevati dagli orizzonti che compongono il profilo pedologico, fino ad una profondità di 150 cm mediamente, che si riitiene rappresentativo di una determinata U.P.A. Naturalmente la scelta del punto da campionare all’interno dell’U.P.A. gioca un ruolo fondamentale: le informazioni infatti desunte dall’osservazione puntiforme hanno una valenza estesa a tutta l’area individuata come omogenea. Il tecnico, pertanto, dovrà porre la massima attenzione sia nel circoscrivere le U.P.A, sia nelI’individuare il punto di campionamento, al fine di caratterizzare al meglio la differente natura dei suoli.
Le analisi più importanti che dovranno essere richieste al laboratorio per ogni orizzonte pedologico campionato sono indicate in Tab. 1.

A queste analisi di base possono aggiungersi via via altre determinazioni, quali, ad esempio, conducibilità, basi di scambio e tasso di saturazione, azoto totale, ecc. Si ritiene tuttavia che le prime elencate siano, nella maggior parte dei casi, discretamente sufficienti per caratterizzare il suolo di ogni U.P.A. senza gravare eccessivamente sui costi dell’analisi.
Analisi della fertilità. Una volta caratterizzata l’U.P.A. nelle sue caratteristiche chimicofisiche fondamentali, è sufficiente affiancare a queste la determinazione dei parametri specifici per lo studio della fertilità. In tal senso sul campione raccolto, secondo la metodologia sopra descritta, non dovranno essere analizzati i parametri già considerati per gli orizzonti del profilo pedologico (granulometria, pH, calcare, ecc.).
Le analisi della fertilità più significative che si dovranno invece effettuare sono le seguenti:
– sostanza organica
– fosforo assimilabile
– potassio scambiabile
– magnesio scambiabile.

Anche in questo caso è possibile ovviamente affiancare altre analisi (microelementi assimilabili, boro assimilabile, c.s.c., conducibilità, cc..). Tuttavia è bene considerare l’effettiva utilità del dato analitico ai fini della stesura di un piano di concimazione. A titolo esemplificativo, si ricorda che l’analisi dei microelementi (rame, zinco, manganese, ferro) se da un lato può fornire qualche indicazione sulla loro dotazione nel suolo, quasi mai è in grado di evidenziare eventuali carenze degli stessi e ciò per una scarsa correlazione in genere esistente tra metodica di estrazione e capacità delle singole colture ad approvvigionarsi di detti elementi. Il caso del ferro è emblematico a questo proposito: terreni che ospitano colture sensibili alla clorosi da carenza di ferro, all’analisi del terreno non evidenziano affatto detta mancanza. In effetti la causa è legata più semplicemente all’incapacità di determinate specie ad approvvigionarsi di questo elemento in particolari situazioni (es., pesco coltivato su suoli ad elevato tenore di calcare…). In altri casi le carenze vengono dapprima manifestate in modo inequivocabile dalla coltura e, successivamente, I’analisi del terreno può eventualmente confermare l’effettiva deficienza (es., carenza di boro sulla vite). La scelta dei parametri da analizzare deve essere pertanto oculata ed in funzione delle differenti realtà che si incontreranno, al fine di ottenere adeguate informazioni senza eccedere nel numero di analisi da richiedere e dei costi da sostenere.

Il piano di fertilizzazione

Il metodo proposto per la redazione del piano di fertilizzazione si basa, dopo aver caratterizzato
l’azienda sulla base delle U.P.A., sulla conoscenza dei seguenti fattori:

– le asportazioni in elementi minerali delle colture;
– le dotazioni del terreno (analisi della fertilità) e le dosi di fertilizzante richieste;
– epoche ottimali di distribuzione dei fertilizzanti.

Di seguito vengono trattati singolarmente i principali fattori che intervengono nel bilancio dei nutrienti.
Le asportazioni colturali. La conoscenza delle asportazioni colturali costituisce una necessaria base di partenza per la corretta impostazione di un piano di concimazione. Come noto, le varie colture manifestano esigenze nutrizionali ben differenziate tra loro nei confronti degli elementi utili al loro accrescimento. In tal senso la tabella n. 2 riporta per le principali colture le quantità assimilate di azoto fosforo e potassio in relazione a produzioni medie.

Osservando i dati riportati è immediato cogliere le differenti asportazioni che ciascuna coltura opera nei confronti dei tre principali macroelementi. Evidente, a questo proposito, è il minor fabbisogno in fosforo rispetto ad azoto e potassio che in genere le colture manifestano.
Un corretto piano di concimazione che considera le asportazioni consentirà pertanto di ottimizzare la scelta dei fertilizzanti evitando antieconomici sovradosaggi, come può accadere con il fosforo, quando si utilizzano sistematicamente formulati ternari. Così pure i dati relativi alle asportazioni in azoto forniscono utili indicazioni per il dosaggio di questo fondamentale macroelemento.
Considerare tuttavia questi dati, soprattutto quelli relativi al fosforo ed al potassio, come prioritario riferimento per la concimazione, significa trascurare un aspetto che in realtà è fondamentale: se è pur vero infatti che la pianta asporta degli elementi nutritivi che necessitano di essere reintegrati nel suolo, è altrettanto vero che si concima il terreno e non la pianta.
Pertanto conoscere a priori la fertilità del suolo, attraverso lo strumento analitico, rappresenta il punto di partenza basilare per la stesura del piano di concimazione.
La fertilità chimica del suolo e le dosi di fertilizzante richieste. Come già evidenziato, una corretta analisi deve indicare lo stato di fertilità di un suolo attribuendo per ogni parametro analizzato una valutazione della sua dotazione. Allo scopo il giudizio viene formulato ricorrendo ad espressioni del tipo: molto basso, basso, medio, elevato, ecc.
Una analisi del terreno esprime correttamente la fertilità del suolo quando:
– il campionamento è operato in modo corretto (U.P.A.);
– I’analisi viene effettuata presso laboratori di comprovata esperienza che utilizzano i metodi ufficiali di analisi del suolo e che partecipano regolarmente a ring-test di controllo (es.: tutti i laboratori aderenti alla S.I.L.P.A.);
– il dato analitico viene interpretato, per quanto possibile, sulla scorta di dati sperimentali (taratura soglie di sufficienza) e/o osservazioni effettuate presso aziende sperimentali (v. «Metodo unico per interpretare l’analisi del terreno» – Terra e Vita n. 26/’94).
Quanto più curati saranno i requisiti ora espressi, tanto più si avrà ragione di considerare il dato analitico probante la fertilità del suolo e da qui impostare il piano di fertilizzazione.
In linea generale, è possibile infatti stabilire, partendo da una corretta interpretazione del dato analitico, se ed in quale misura 1′ apporto di un determinato elemento fertilizzante è necessario.

LA CONCIMAZIONE AZOTATA

Al concetto generale poc’anzi espresso l’azoto rappresenta tuttavia un’ eccezione. Come già evidenziato in un precedente lavoro infatti Terra e Vita n. 26/’94), la stima analitica della dotazione di azoto del terreno è di scarso interesse, sia perché le riserve di questo elemento immediatamente disponibili per la coltura sono di ridotta entità, sia perché 1′ analisi dell’azoto totale esprime un dato troppo generico e solo «indirettamente», attraverso l’analisi della sostanza organica e l’individuazione del rapporto C/N, è possibile formulare qualche considerazione sulla disponibilità di detto elemento.
In generale, pertanto, si ritiene più proficuo edutile attenersi a tabelle di riferimento che riportano le dosi di azoto da apportare in funzione delle varie colture. A questo proposito la tabella n. 5 indica, a titolo esemplificativo, le dosi di azoto espresse come quantitativi minimi, massimi e medi per le principali colture.

In particolare, l’intervallo di valori minimi e massimi è giustificato dal fatto che le esigenze variano soprattutto in funzione della precessione
colturale, della disponibilità irrigua, della natura del terreno, della capacità produttiva della coltura in un determinato ambito e della capacità della sostanza organica di rifornire di azoto la coltura.
Essendo detti parametri non sempre di facile acquisizione, non v’è dubbio che l’ esperienza e la sensibilità del tecnico che deve redigere il piano di concimazione giochino un ruolo fondamentale: ai tecnici meno esperti pertanto si consiglia di scegliere tra i valori medi i dosaggi dell’azoto.

LA CONCIMAZIONE A BASE Dl FOSFORO, POTASSIO E MAGNESIO

Relativamente a fosforo, potassio e magnesio 1′ individuazione delle dosi di fertilizzante da apportare rientra nei criteri generali sopra enunciati. Pertanto, considerando da un lato le asportazioni della coltura in funzione di un certo standard produttivo (relativamente a fosforo e potassio) e, dall’altro, I’interpretazione dei rispettivi dati analitici, è possibile individuare le dosi di fertilizzante da apportare secondo lo schema delle tabelle 3 e 4.

In essa si evidenzia infatti come, partendo dall’interpretazione del dato analitico, per ciascun elemento considerato, vengono proposte le quantità da apportare in funzione delle asportazioni operate dalle colture per quanto riguarda fosforo e potassio e di dosi standardizzate relativamente al magnesio
Esemplificando quanto riportato nelle tabelle 3 e 4 si considerino i seguenti dati:
Prossima coltura: mais granella
Produzione media: 120 q.li/ha
Dotazioni del terreno in elementi della fertilità: fosforo elevata; potassio bassa; magnesio media.

LA SCELTA DEL FERTILIZZANTE

Definita per ciascun elemento fertilizzante la quantità da apportare, in base alle considerazioni espresse nei paragrafi precedenti, non rimane che la scelta del tipo di fertilizzante. Continuando nell’esempio sopra considerato, · tenuto conto del dato analitico e della conseguente interpretazione, è evidente che la scelta debba essere indirizzata verso un concime minerale a formulazione semplice che apporti il quantitativo di potassio richiesto. Inutile ed economicamente svantaggioso, in questo caso, il ricorso ai concimi complessi. A questo proposito va ricordato che in molti casi la scelta di concimi minerali a formulazione semplice è da preferirsi in quanto:
– presentano i minor costi per unità fertilizzante rispetto ai concimi complessi, – consentono di dosare ciascun elemento nelle dosi volute evitando sprechi,
– consentono di distribuire ogni elemento, se richiesto in base all’analisi del terreno, nelle epoche volute (es.= fosforo e/o potassio in prearatura, fosforo localizzato alla semina, azoto in copertura, ecc.).

Relativamente ai concimi organici come letame e liquame, questi devono essere utilizzati, compatibilmente con le caratteristiche pedologiche, in modo prioritario nell’azienda zootecnica: detti sottoprodotti aziendali infatti sono in grado di ricoprire in modo completo o quasi i fabbisogni in macroelementi della coltura. A questo proposito la tabella 6, (fonte: E.R.S.A.L.(1992): «Piano di utilizzazione agronomica dei liquami e di altre deiezioni zootecniche», a cura di Marini G.) riporta i contenuti totali in azoto, anidride fosforica e ossido di potassio presenti nelle deiezioni animali in funzione delle diverse tipologie d’allevamento.

Dando la priorità all’uso di questi prodotti organici è evidente pertanto che 1′ uso di fertilizzanti di sintesi assume un ruolo complementare ad integrazione, quando necessaria, di alcuni elementi (es., urea in copertura per il mais).

EPOCHE OTTIMALI DI DISTRIBUZIONE DEI FERTILIZZANTI

Anche se l’argomento richiederebbe uno spazio più ampio, in questa sede si ritiene opportuno evidenziare i principi fondamentali di una corretta pratica legata alla distribuzione dei fertilizzanti sia minerali che organici. In particolare, si ritiene necessario, per comprendere le modalità della loro distribuzione, considerare le diverse dinamiche che azoto, fosforo e potassio manifestano all’interno del suolo. Anticipare eccessivamente la distribuzione dell’azoto rispetto al momento della semina (es., interramento in pre-aratura autunnale con semina primaverile) comporta certamente significative perdite di questo elemento per lisciviazione; come pure errata deve essere considerata la distribuzione di fosforo in copertura essendo nota la scarsa mobilità di questo elemento all’interno del suolo. In questo caso, solo una distribuzione in pre-aratura od una concimazione localizzata alla semina possono sopperire alla scarsa capacità di diffusione del fosforo.
A questo scopo pertanto la tabella 7 individua per ogni macroelemento, in funzione della tessitura del suolo e dell’epoca di lavorazione, il momento ottimale di distribuzione.

Detta tabella ha essenzialmente lo scopo di garantire la migliore efficienza dell’elemento fertilizzante nei confronti della coltura ed il minor impatto negativo in termini ambientali. È evidente che esigenze di tipo organizzativo all’interno dell’azienda, possono comportare modifiche rispetto allo schema proposto, ciò non di meno, quando possibile, si sottolinea che la sua corretta applicazione, unitamente al responso di un’analisi del terreno, possono senza dubbio comportare una migliore utilizzazione degli elementi fertilizzanti. Nel paragrafo successivo si cercherà di evidenziare questi concetti con un esempio.

UN ESEMPIO DI CONCIMAZIONE

A conclusione delle considerazioni finora svolte, viene di seguito illustrato un piano di concimazione che considera una rotazione quadriennale (mais, soia, frumento, bietola). A questo proposito, la tabella 8 riepiloga le asportazioni operate dalle colture in funzione delle rese produttive indicate applicando i dati di tabella 1;

la tabella 9 riporta un ipotetico certificato d’analisi i cui dati sono espressi secondo quanto previsto dal d.m. 11 maggio 1992, mentre 1′ interpretazione dei risultati analitici fa riferimento alla metodologia proposta dalla S.I.L.P.A. .

Infine la tabella 10 in funzione delle asportazioni delle colture, dell’interpretazione dei dati analitici e dell’ottimizzazione del periodo di distribuzione, indica le dosi di fertilizzanti da apportare.

Da una disanima della suddetta tabella si evidenzia che:
– le concimazioni fosfatiche sono limitate al mais ed alla bietola, rispettivamente in misura del 50% e del 100% dell’asportazione, al netto dei residui, in quanto la dotazione di fosforo nel terreno è elevata; pertanto la localizzazione di questo elemento all’atto della semina ha una funzione prevalentemente di «starter» per favorire un’ottimale emergenza della coltura.
– La concimazione potassica, visto il tenore piuttosto elevato dell’elemento stesso nel terreno, è pari alle asportazioni, al netto dei residui, operate dalle due colture che maggiormente necessitano di questo macroelemento (mais e bietola). Questa drastica riduzione degli apporti è infatti compensata sia dalle riserve del suolo, sia dalle restituzioni operate all’atto della mineralizzazione dei residui colturali ( pari a circa il 57% dell’intera asportazione di potassio nel quadriennio).
– Al termine del quadriennio una nuova analisi del terreno verificherà lo stato di fertilità, in particolare per fosforo e potassio, ed il nuovo piano di fertilizzazione terrà opportunamente conto delle eventuali variazioni.

In conclusione, pur consapevoli della limitatezza del lavoro proposto, si auspica che in futuro, attraverso indicazioni sempre più precise e puntuali, tecnici ed agricoltori traggano indicazioni utili per impostare i piani di fertilizzazione secondo criteri di razionalità ed efficienza al fine di ottenere il massimo di quei vantaggi agronomici che possono derivare dalla concimazione e, nel contempo, contenere significativamente i costi di produzione nonchè garantire una sempre maggior attenzione alle problematiche di impatto ambientale legate all’esercizio di una moderna agricoltura .